Un regista belga ha raccontato la situazione in Congo, considerato una cassaforte per le sue risorse minerarie Minacce e intimidazioni contro il cineasta Il film è uno di quelli che colpiscono come un pugno nello stomaco. Sembra un thriller politico economico, ma non si tratta di un parto della fantasia. Tutte le riprese sono vere, girate in Katanga, la provincia del Congo-Kinshasa, così ricca di risorse minerarie da poter essere considerata la cassaforte del pianeta. Ma anche così famosa per i massacri, le carneficine, le rivolte degli anni ’60, come quelle descritte allora nel film Africa Addio, di Gualtiero Jacopetti (1966). In quella terra martoriata, dove il rosso del sangue si continua troppo spesso a mescolare con il verde dei giacimenti di rame, Therry Michel, regista belga famoso per i suoi film sull’ex dittatore Mobutu Sese Seko (Mobutu, re dello Zaire) e sul fiume Congo (Congo River), ha girato Katanga Business, una denuncia sullo sfruttamento delle risorse minerarie della provincia. In Katanga scorrono miliardi di dollari ma la popolazione locale è ridotta a una povertà estrema. La pellicola è uscita in aprile in Belgio. Non si sa bene se potremo mai vederla in Italia. Durante le riprese, durate due anni, il regista e la sua troupe sono stati intimiditi e minacciati. Vivono ancora nella paura i suoi assistenti congolesi. Quelli che gli hanno fatto da apriporta in quel mondo di violenza, traffici illeciti, affarismo, speculazione dove gli abusi sulle popolazioni locali sono intensi, quotidiani e spesso disumani. Minacce incessanti sono rivolte al cineasta Guy Kabeya Muya, ben conosciuto negli ambienti cinematografici africani e per aver lavorato con organizzazione non governative italiane del settore. Guy che riceve quotidianamente telefonate e messaggi intimidatori è costretto a una fuga ininterrotta. «Cambio residenza in continuazione – ha detto al telefono con il Corriere -. Per fortuna ho tanti amici che mi ospitano ma non posso continuare così». Il film è una denuncia chiara contro lo sfruttamento delle risorse minerarie del Katanga. I protagonisti ci sono tutti. I cinesi – nuovi attori sul palcoscenico del saccheggio -, i canadesi, gli australiani, i sudafricani, gli indiani, gli israeliani, i libanesi, gli americani. E poi le comparse; quelli che soffrono, che lavorano come bestie nelle miniere e che si vedono sfilare sotto il naso tanta ricchezza. Appartiene a loro, ma finisce lontano, in altre tasche, in altri conti bancari. Una fortuna che non li sfiora neppure, anzi, paradossalmente è portatrice di dolori e sofferenze. Decine di migliaia di minatori abusivi che sopravvivono con i pochi dollari che guadagnano con il loro lavoro svolto in condizioni miserabili, o loro “colleghi” assunti dalle multinazionali straniere che lottano per migliorare le loro condizioni di vita. La minaccia più grave contro la troupe è avvenuta quando è stato scoperto un traffico illecito di uranio. Allora ci si è messo anche un ministro del governo centrale a questionare sul film, ad accusare regista e assistenti di spionaggio. E’ dovuto intervenire l’energico governatore del Katanga, un quarantenne meticcio mezzo italiano, Moise Katumbi Chapwe, un uomo nuovo, un ricchissimo uomo d’affari riciclatosi come politico. Ma diverso dai tradizionali leader africani sempre pronti a farsi corrompere e a vendere per pochi denari intere popolazioni. Un uomo – così appare - che guarda al colonialismo con spirito critico - ma non pregiudizialmente ostile - e accusa il vecchio dittatore Mubutu Seke Seko di cleptomania e tradimento verso il Paese. Katanga Business non è solo un film che mostra e spiega la guerra economica (ma anche sociale) in corso in questa provincia sud-orientale della Repubblica Democratica del Congo. In realtà vuole essere una parabola sulla globalizzazione. “Ecco cosa succederà – vuol dire Thierry – se le relazioni mondiali proseguiranno in questa direzione”. E i primi a farne le spese potrebbero essere proprio i suoi assistenti congolesi, quelli come Guy Kabeya Muya, i più deboli su cui potrebbe abbattersi la vendetta di coloro che il film mostra con le mani nella marmellata. retour |